Il Dott. Mario R. Cappellin

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Il Dott. Mario R. Cappellin

Odontoiatria Italia

Che studi hai fatto, qual è la tua formazione? Che tipo di persona eri da giovane, nello studio e nella vita sociale?
  
Ripercorrendo le tappe della mia formazione, devo riconoscere con gratitudine di essere stato molto fortunato, per diversi motivi:

il primo, i miei genitori hanno scelto per me scuole cattoliche in cui, oltre a un’ottima preparazione scolastica, ho ricevuto un’educazione basata su solidi valori, soprattutto in relazione all’ etica del lavoro, dell’impegno e del sacrificio personale, ma anche ispirato a tendere all’ eccellenza non fine a se stessa, ma come modo di vivere “santificando” l’attività quotidiana, nell’ ottica di un servizio al prossimo.

Il secondo motivo è di avere potuto portare avanti parallelamente gli studi musicali, in particolare quelli di Organo sotto la guida in un maestro esigente, intelligente e sensibile: oltre alla disciplina (indispensabile per raggiungere risultati in questo campo), ho appreso la capacità di tendere alla perfezione mediante l’applicazione costante, ma soprattutto l’attitudine ad ascoltare e guidare (quasi subito ho iniziato a dirigere complessi corali e orchestrali) altre persone, ispirandole a dare il massimo per raggiungere un fine comune, per creare la “magia”. Certamente questo ha influenzato in modo determinante il mio modo di intendere la gestione delle risorse umane.
 
Il terzo è avere frequentato una facoltà di Odontoiatria, quella di Torino, dove ho ricevuto una formazione tecnica davvero eccellente, anche se l’ambiente non era certo quello a cui ero abituato e che mi sarei atteso, ma forse ne riparleremo dopo...


Che rapporti hai avuto con i tuoi genitori?

I miei genitori sono stati sempre particolarmente esigenti, non si attendevano da me nulla di meno del mio impegno massimo e totale in quanto intraprendevo, ma a differenza di quanto si potrebbe immaginare, a me non pesava rinunciare alle “normali” attività dei miei coetanei per dedicarmi allo studio e alla musica, anzi potrei dire che in qualche modo mi piaceva essere “differente”, a costo di apparire spesso decisamente asociale, poco “simpatico” e magari anche un po’ arrogante (forse anche più di un po’… e temo di non essere neppure ora completamente “guarito”…).

 
Cosa ti ha spinto a scegliere questa professione? Sei soddisfatto della scelta?

La risposta sincera è che io volevo fare tutt’ altro, volevo seguire la mia passione musicale, ma allo stesso tempo sono sempre stato poco diplomatico e per nulla incline ai compromessi, qualità indispensabili per la carriera musicale, soprattutto per inserirsi in certi ambienti “culturali”, che dietro la facciata di essere aperti e tolleranti, sono invece molto ideologicamente allineati e ottusamente conformisti.

Mio padre faceva il dentista e gli sono grato per avere insistito perché seguissi le sue orme: certo lui non si sarebbe mai immaginato di aver dato l’avvio alla mia avventura imprenditoriale, anzi all' inizio non era per nulla convinto (forse decisamente preoccupato) di lasciarmi il timone dell’attività per le trasformazioni che avevo in mente (e che allora non erano neppure una minima parte di quello che poi in effetti abbiamo realizzato insieme ai miei soci…).

La professione odontoiatrica aveva il vantaggio di poter essere totalmente indipendente, a livello economico e decisionale, perciò dopo una intensa crisi decisi di abbandonare la carriera musicale per dedicarmi allo studio dell’Odontoiatria. La forza di volontà e la disciplina imparate nella musica, mi fornirono la determinazione necessaria per sostenere tutti gli esami al primo appello e arrivare nel minor tempo possibile al termine del ciclo di studi, nonostante fossi molto dubbioso sulla possibilità di realizzarmi ed essere soddisfatto pienamente nel seguire questa strada.

 
Cosa ne pensi dell’università (Odontoiatrica) italiana? Pensi si possa iniziare l’attività subito dopo l’università? Che consigli daresti a un giovane neolaureato?

La mia esperienza universitaria è stata ambivalente: da una parte sono molto grato per la preparazione ricevuta, che dal punto di vista tecnico è stata ineccepibile; in effetti, il giorno dopo la laurea avevo gran parte delle conoscenze teoriche necessarie per operare sul paziente.
 
D’altro canto, la mia esperienza universitaria è stato il periodo peggiore della mia vita, perché abituato a un ambiente scolastico dove si percepiva quanto gli insegnanti erano affezionati agli allievi e viceversa, è stato uno shock doloroso essere catapultato in un mondo dove le logiche “diplomatiche” e di opportunità (per non dire opportunismo) prevalevano in modo netto rispetto ai rapporti umani. È vero che proprio durante il percorso universitario ho conosciuto i miei attuali soci, che prima ancora sono stati (e sono attualmente) miei carissimi amici; ho anche conosciuto professori di grande spessore umano, ma in generale non ho ritrovato quella passione per la vocazione all’ insegnamento di chi è dedito a trasmettere conoscenza e valori ai propri allievi.

Questo, a mio parere, ha come risultato che i giovani professionisti escono preparatissimi dal punto di vista clinico, ma assolutamente inadeguati dal punto di vista relazionale; l’importanza data alla componente tecnica e scientifica della professione arriva a tal punto che ogni altro aspetto ne viene eclissato: anche il rapporto con i colleghi ne risulta inevitabilmente influenzato, con una sorta di “esaltazione” che falsa la valutazione dei propri limiti e della propria inesperienza, rendendo di fatto molto sicuri di sé e anche abbastanza “pretenziosi” già alla prima esperienza lavorativa…

Non molti hanno la fortuna che ho avuto io con mio padre di essere “educati” da un collega più esperto che indirizzi l’entusiasmo e il sacro fuoco della passione professionale verso più miti e umili consigli, soprattutto in relazione al rapporto con i pazienti e con gli altri componenti del team. Ancora meno hanno l’intelligenza di capire che, una volta laureati, inizia un periodo in cui INVESTIRE su se stessi, mentre la maggior parte vuole “raccogliere prima di seminare” e capitalizzare gli anni di studio in tempi brevi.

Non mi stancherò mai di dire che raggiungere una importante gratificazione economica deve essere la CONSEGUENZA di una professionalità raggiunta non solo sotto il profilo tecnico, ma in tutti gli aspetti, soprattutto quello comunicativo ed extra clinico: nella mia esperienza personale ho riscontrato gravi carenze nei giovani neolaureati, senza che ne abbiano colpa, ma pochissimi percepiscono la responsabilità personale di colmarle e soprattutto sono disposti a dedicare tempo, energie e risorse per formarsi in modo integrale.

La selezione che siamo costretti a operare per inserire giovani colleghi nella clinica è impietosa, la maggior parte non passa neppure il colloquio telefonico, pur avendo una preparazione tecnica eccellente, ma l’esperienza ci ha insegnato che sono le cosiddette “soft skills” (doti umane e valoriali) a essere chiave per raggiungere un successo professionale completo. Il mio consiglio ai giovani — è paradossale detto da uno ambizioso e impaziente come me — è di non avere fretta, di cercare e affidarsi a un “mentore”, che sappia guidare un percorso di crescita integrale, capace di trasmettere conoscenza, ma soprattutto esperienza e valori.

 
Quando hai incontrato i tuoi soci, avevate le stesse idee, stessi gusti o spesso c’erano discussioni e polemiche? Chi era più bravo? Avete mai litigato?

L’incontro con i miei attuali soci è avvenuto all’ Università, tra il secondo e il terzo anno abbiamo iniziato a frequentarci, ma soprattutto a crescere insieme in un percorso di miglioramento personale, attraverso lo studio di tecniche di rilassamento, comunicazione e, più avanti, anche in un comune percorso di studio e approfondimento religioso, che è stato determinante nel concepire un progetto basato sulla comunanza di valori “alti”.

Il rapporto che si è creato è di tale affetto e amicizia che ogni gelosia sarebbe assurda e inconcepibile: io so di essere più portato in certi campi (per esempio la gestione), ma sono felicissimo che i miei soci siano molto più bravi di me in altre specialità odontoiatriche e abbiano dei talenti che io non potrei raggiungere neppure in decenni di applicazione (come la straordinaria abilità informatica e tecnica del mio socio dr. Fabio Soggia, un vero genio del CAD-CAM).

Anche come caratteri siamo complementari, naturalmente negli anni ci sono stati motivi di discussione e anche di attrito, ma quando si sono poste questioni molto serie a livello professionale, l’amicizia ha sempre prevalso e mai avremmo permesso e permetteremo al lavoro di rovinare quanto di più prezioso abbiamo costruito nelle nostre vite insieme! Credo che uno straordinario punto di forza sia proprio questo rapporti di stima e affetto profondo che ci lega, prima come amici che come soci.


Cos’è adesso la Clinica Cappellin?

Attualmente la Clinica dentale Cappellin può contare su un team estremamente selezionato di 46 persone, fra medici, igieniste, odontotecnici, assistenti alla poltrona, segretarie, informatici e signore delle pulizie.


La nostra filosofia di acquisire le competenze e internalizzarle, offrendo percorsi di crescita e di gratificazione alle risorse più fidelizzate ha portato a un costo del personale molto elevato, ma siamo fermamente convinti che sia il “segreto” del nostro successo, infatti in pazienti in modo esplicito evidenziano spesso la loro soddisfazione nella relazione e interazione con il nostro personale.
 
Il sogno di creare un ambiente “severo e sereno”, dopo tanti anni di studio, prove, modifiche e trasformazioni, si sta sempre più concretizzando e questo riempie di gioia e di orgoglio noi soci e tutti coloro che ci hanno lavorato con noi da tanti anni.

Il nostro prossimo progetto è riuscire a trasmettere questa esperienza ai colleghi animati dal nostro stesso desiderio di creare valore e ricchezza per l’intero team, ponendo le basi di un’azienda fondata sui valori.
 
Cosa è la "Cappellin Foundation" e cosa si prefigge?

Fin dall’ inizio, la Clinica dentale Cappellin ha destinato una quota importante dei propri introiti ad attività culturali e sociali sul territorio, in particolare collaborando con il Lions Club e le associazioni caritative per attività di prevenzione odontoiatrica, organizzazione di eventi benefici, formazione per le giovani assistenti alla poltrona e in generale condivisione di conoscenza e risorse.

L’attività è partita come ramo collaterale della Clinica, ma ora si è talmente ampliata da rendere necessario dividerla in due rami, quello sociale e quello educativo, artistico culturale: il primo, sarà probabilmente una onlus (stiamo studiando con esperti del settore la forma giuridica migliore) che si occuperà di prevenzione e cura per i soggetti in difficoltà economica e sociale; il secondo invece continuerà l’attività di formazione e di sostegno alle attività artistico culturali del territorio, oltre a erogare corsi e formazione nel nostro settore e nel campo della gestione risorse umane.

Culmine di un progetto ormai decennale, il restauro e l’ampliamento di un grande organo romantico-sinfonico (oltre 2.100 canne), con un investimento di oltre 450.000 euro (in parte anche con contributi di generosi donatori che condividono le nostre finalità), in cui sono per esempio confluite interamente le quote di iscrizione dei nostri ultimi corsi rivolti a colleghi e assistenti.

 
Sei soddisfatto dei risultati che stai raggiungendo?

Sono fondamentalmente ottimista e soprattutto ho avuto in dono una grande fede nella Provvidenza, perciò pur essendo inguaribilmente ambizioso e non essendo mai totalmente soddisfatto di quanto ho raggiunto, d’altro canto sono profondamente grato di tutto quanto ho ricevuto e spero di avere messo a frutto i talenti e le occasioni che mi si sono presentate.

Ciò che rende serena la mia vita, nonostante le innumerevoli incombenze e le preoccupazioni quotidiane, è la consapevolezza di essere circondato da persone meravigliose, che in anni di lavoro insieme mi hanno mostrato oltre alla loro competenza straordinaria, anche un affetto e una lealtà che già da sole potrebbero essere sufficienti a ritenersi completamente realizzati a livello professionale e umano. Se poi queste persone condividono un sogno ambizioso e lavorano ogni giorno per migliorare la propria performance e crescere insieme, cosa si può desiderare di più?


Quanti e che tipo di corsi fai l’anno?

Ho all’ attivo un’esperienza pluridecennale nella didattica: dalle attività giovanili come insegnante di musica e come direttore di coro (che oggi porto avanti solo più con un gruppo corale selezionatissimo, ormai in attività da 25 anni!) a quelle più recenti nel campo della comunicazione e della leadership (corsi interni e per gruppi provenienti da diverse attività, soprattutto aziendali e associative), per poi arrivare alle recentissime esperienze nella didattica sullo sviluppo delle competenze extra cliniche e gestionali, con particolare attenzione alle risorse umane.

I nostri corsi sono sempre molto pratici ed esperienziali, crediamo fermamente nel rapporto diretto con gli allievi e per questo motivo, a parte brevi parti teoriche indispensabili, ci dividiamo subito in piccoli gruppi omogenei (medici con soci della clinica, assistenti con capi assistenti e segretarie con assistenti di direzione), in modo che il confronto diretto possa generare quell’ emozione motivante da un lato e di trasmissione esperienziale diretta dall’ altro.

Abbiamo in programma due sessioni all’ anno del corso “Odontoiatria di valore”, che mira a condividere le esperienze nella gestione del team, per creare valore in un’impresa fondata sui valori; naturalmente ampio spazio viene dato alla relazione, perché tutto il lavoro sul team è poi orientato al benessere del team stesso per trasmetterlo al paziente in un servizio di qualità percepita eccellente. (link)


Parallelamente, su richiesta di colleghi selezionati, organizziamo giornate one to one per quanto riguarda la parte clinica, soprattutto in relazione alle tecniche chirurgiche innovative e al flusso di lavoro digitale; abbiamo notato infatti che si tratta di un format molto apprezzato, perché permette da una parte di assistere a una giornata “live”, venendo a contatto con le tecniche cliniche, l’organizzazione generale e il rapporto stretto fra i vari reparti, che è solitamente l’aspetto più apprezzato e “ispirante” per chi ci viene a visitare.


Cosa ne pensi dei social network e dei gruppi social? Cosa ne pensi del gruppo Odontoiatria ExtraClinica?

L’inizio della mia avventura sui social risale a circa un anno e mezzo fa: ho iniziato a seguire i Gruppi Odontoiatria Italia e poi quando è nato Odontoiatria Extraclinica, ma non sono un tipo da rimanere in disparte a “osservare” e perciò sono subito entrato nella mischia, forse in certi casi con il senno di poi anche un po’ troppo…

L’esperienza come moderatore del Gruppo Odontoiatria Extraclinica, è stata per me una delle più arricchenti e formative degli ultimi anni, anzitutto perché mi ha permesso di entrare in contatto con il gruppo degli attuali moderatori, persone di grande competenza, ma al contempo anche portatori di solide esperienze aziendali, professionali e umane.

Le discussioni con i colleghi mi hanno aperto un orizzonte che nella mia attività quotidiana non avrei mai avuto occasione di vedere, nella contrapposizione di visioni, nelle opinioni talvolta anche molto differenti dalla mia, ma credo di aver potuto portare un mio contributo personale nel cercare di rendere sempre le discussioni orientate al condividere opinioni ed esperienze, piuttosto che esaurirsi in sterili polemiche. Talvolta sono caduto anch’io in questa tentazione insita nel mezzo “social”, ma che costituisce il lato negativo e poco costruttivo, quindi da evitare anche a costo di non intervenire…

 
Hai fatto molte amicizie/conoscenze grazie al gruppo da me creato? Come vedi questi nuovi modi di comunicare?

Dopo circa un anno di esperienza, posso dire di avere praticamente triplicato le mie amicizie su FB; ovviamente non tutte queste sono vere “amicizie”, perché con alcuni colleghi non abbiamo avuto occasione di interagire neppure virtualmente.
 
Tuttavia ci sono colleghi che ho conosciuto prima sui social e dopo di persona, di cui sono grato a te come amministratore del gruppo per l’idea innovativa che hai avuto; altri colleghi in certi momenti particolari mi hanno contattato in privato, alcune volte per manifestarmi il loro sostegno, piuttosto che per farmi domande o intavolare discussioni sempre molto interessanti.

A questo proposito non posso che ringraziarti anche per l’occasione di poterci incontrare al prossimo Congresso di Odontoiatria Italia a Bologna, perché non sto nella pelle per il desiderio di conoscere tanti colleghi che per me attualmente sono solo interazioni virtuali !

Credo che oltre il piacere di ascoltare relazioni di sicuro valore e interesse, ma soprattutto di taglio pratico e immediatamente applicabile, sia anche questo il valore aggiunto di un congresso che è diverso da tutti gli altri, perché le persone che si incontreranno hanno già interagito e virtualmente fanno parte di una grande e dinamica comunità.

 
Di che cosa ti occupi, oltre al tuo lavoro, in una tua giornata tipo?

Solitamente, se non vado a dormire troppo tardi per impegni serali (Lions, prove e/o concerti…), mi sveglio abbastanza presto, verso le 6.00; do un’occhiata ai gruppi social e alle notizie online, poi un momento di preghiera, meditazione e lettura, fino verso le 7.00. Colazione con mia moglie, poi verso le 7.30 scendo nel mio ufficio dove ho un organo da studio per suonare fino alle 9.00.

Inizio l’attività clinica alle 9.00 e la termino alle 12.30, poi pranzo tutti insieme (spesso riceviamo anche colleghi e/o fornitori come ospiti), qualche riunione, riprendo alle 14.00 e vado avanti fino alle 18.00-19.00 a seconda dei giorni.

Alla sera, cena abbastanza presto, poi film o videogiochi nelle poche serate libere, nelle altre prove musicali, attività associative…

Solitamente il mercoledì è dedicato a riunioni con i vari responsabili e in generale alla gestione con incontri mensili con consulenti o altre riunioni. Il sabato spesso tengo o frequento corsi, il sabato sera con gli amici, la domenica invece è dedicata alla famiglia, al riposo, allo svago e all’ attività nel Santuario in cui sono organista titolare.


Negli ultimi 18 mesi ci sono stati molti cambiamenti nel settore, la legge Gelli, il profilo ASO, il GDPR, i separatori dell’amalgama, la fattura elettronica, l’emendamento Boldi. Come vedi la professione, qual è la tua vision per il futuro?

Diciamo che, pur essendo molto ottimista di natura, non sono particolarmente speranzoso che vi sarà un miglioramento delle condizioni in cui ci troveremo a dover operare; certamente ci sono stati negli ultimi anni derive preoccupanti in senso commerciale e poco etico, ma la reazione “giacobina” e il clima di epurazione (quando non di vera e propria delazione) che si respira mi preoccupa al pari di quelle deprecabili distorsioni che si vorrebbero eliminare.
 
Soprattutto temo che, nella foga moralizzatrice, si tenda piuttosto a proibire e distruggere, invece che progettare una visione a lungo termine che possa integrare i valori etici del “passato” in una visione costruttiva e creativa. Certo è più semplice orientarsi verso il ritorno a un passato anacronistico, piuttosto che essere portatori di un ideale miglioramento compatibile con la modernizzazione della visione professionale, ma è la vera sfida a cui siamo chiamati e spero che noi professionisti, chi ci rappresenta e chi ci governa riusciamo insieme a vincerla, perché in caso contrario ci rimetteremo tutti, non ultimi i nostri pazienti…
 
Il mio sogno sarebbe riuscire a dimostrare (e in parte già l’abbiamo fatto, ma servono anche altri che lo confermino) che un’imprenditoria sana e fondata sui valori è un modello arricchente rispetto al tradizionale modello professionale, perché permette maggiori investimenti sia a livello tecnico sia a livello delle risorse umane, generando ricchezza che può essere messa al servizio di una crescita del team e a vantaggio del paziente e della comunità in cui l’azienda è inserita. Questo nulla toglie alla validità del modello tradizionale, che può tranquillamente coesistere, rinnovandosi per essere più in linea con l’evolversi del contesto sociale.

È una sfida ambiziosa, ci sono tanti ostacoli e tanti pericoli che si profilano all’ orizzonte, per innumerevoli motivi che sarebbe inutilmente polemico elencare; tuttavia c’è anche una grande speranza, rappresentata dai giovani colleghi, che sempre più spesso mi dimostrano il loro apprezzamento e il loro curioso interesse per un modello che potrebbe riunire etica medica e imprenditoriale.

 
Come ritieni che sia oggi fare l’odontoiatra in Italia? Pensi che la professione nel corso degli anni sia cambiata in meglio o in negativo? Che consigli daresti a chi inizia adesso la professione, a chi sta per completare gli studi, a chi ha in mente di aprire un suo primo studio?
 
È sempre difficile essere obiettivi quando si è immersi in un quadro complesso e in divenire; se devo condividere il mio personale punto di vista, ci sono pro e contro rispetto al passato. Indubbiamente anni fa la figura del medico e dell’odontoiatra rivestiva un ruolo sociale decisamente più prestigioso, con possibilità di onorari (e soprattutto margini di utile) decisamente maggiori; tuttavia, guardare al passato secondo me esprime la frustrazione di chi non sa sognare il futuro, perciò occorre concentrarsi maggiormente sui lati positivi, quali la straordinaria innovazione tecnica e tecnologica che ha rivoluzionato l’odontoiatria, alzandone il livello in modo inimmaginabile anche solo quando mi sono laureato 15 anni fa.

Certo ultimamente le incombenze normative hanno complicato notevolmente la pratica professionale e, rovescio della medaglia dell’innovazione, i costi per uno studio all’ avanguardia sono aumentati in modo esponenziale: il consiglio che mi sento di poter offrire in base alla mia esperienza è di non accontentarsi, ma di puntare in alto, perché la sfida futura sarà creare delle realtà ad alta qualità per attirare quella fascia di pazienti che non sarà mai influenzata dal legarsi a fondi o assicurazioni sanitarie, i quali a mio modo di vedere sono la morte dell’odontoiatria di qualità e determineranno un abbassamento qualitativo drammatico, molto peggiore di quello rappresentato dalla deriva commerciale attuale, perché di fatto impedirà di poter offrire un servizio di qualità, obbligando i professionisti a lavorare in condizioni che nessuno animato da passione potrebbe mai tollerare.


Oltre alla parte clinica, quali sono le competenze extra cliniche che oggi il professionista dovrebbe avere nel suo bagaglio e sulle quali dovrebbe studiare, formarsi e applicare?

Partiamo dal presupposto che senza qualità clinica, tutto il resto è solo fumo senza arrosto; tuttavia è pressoché inutile avere molta sostanza, senza saperla presentare e soprattutto senza saper organizzare un team che supporti l’odontoiatra in tutto ciò che consente di avere lo studio pieno di pazienti e di pazienti “giusti”, che apprezzano la qualità offerta.

Le doti relazionali e comunicative, le capacità gestionali per calibrare gli investimenti e impostare una attività sostenibile, che produca ricchezza per il titolare e per tutto il team, basandosi su solidi valori etici a livello medico e imprenditoriale per creare le condizioni di un successo a lungo termine, sono tutte qualità che non si improvvisano e vanno studiate, anche in coloro che ne possiedono già alcune per talento naturale.
 
In particolare, poiché nel mondo moderno le persone desiderano sempre più una realizzazione personale piena, per poter attirare e mantenere le risorse umane migliori è indispensabile acquisire la forma mentale e le competenze per creare opportunità di crescita, sviluppo e gratificazione per l’intero team; in mancanza di questi presupposti, si vivrà sempre un frustrante disallineamento fra i progetti di sviluppo della propria attività e la realizzazione pratica degli stessi, che alla lunga si traduce in spreco di tempo, risorse ed energia.

 
Come ti vedi tra dieci anni sia a livello personale che professionale?
 
Spero di aver coronato insieme ai miei soci il nostro progetto di una azienda solida, con una reputazione del brand conosciuta su tutto il nostro territorio e apprezzata da pazienti e colleghi, ma soprattutto di aver corrisposto alla fiducia che tutti coloro che sono entrati ed entreranno in contatto con noi ci concedono quotidianamente, a partire dai dipendenti.
 
Mi auguro di potermi guardare indietro senza rimpianti, di avere contribuito a migliorare la comunità in cui la nostra azienda è inserita, di avere fatto del bene e di esserci impegnati per mettere a frutto tutti i talenti e le occasioni che la Provvidenza ci ha generosamente donato!
 
Prego di poter riconoscere presto eventuali errori e di avere l’umiltà per confrontarmi con coloro che ne sanno più di me, ma anche con i giovani che con il loro entusiasmo saranno il futuro della nostra clinica e della professione in generale, mostrando generosità nel condividere con loro le nostre esperienze e offrire loro occasioni di crescita e spazio per poterlo fare.

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